18 dicembre 2010

Prima gli elettori

Condove, 18 dicembre 2010

I dirigenti nazionali del Pd sono tutti d’accordo con la linea terzopolista e senza primarie lanciata da Bersani. Salvo rarissime eccezioni, il dibattito sul domani appare scontato. Perciò, nel momento di massima distanza tra vertici e elettori, valuteremo le condizioni per indire un referendum tra gli iscritti e gli elettori democratici, ai sensi dell’art. 27 dello Statuto del Pd. Prima gli elettori, insomma. E rispetto alle strategie di questi mesi, ove si rivelassero ancora fallimentari, crediamo che qualcuno si dovrà assumere le proprie responsabilità.

27 novembre 2010

Caro PiGi. Noi ci tiriamo su le maniche, tu però dacci una mano

Andiamo Oltre Valle di Susa
Circoli di Condove e Sant’Antonino

Caro segretario
Oggi siamo in piazza per dare anche il nostro contributo all’iniziativa “Porta per Porta”. Siamo elettori del PD ma constatiamo amaramente che, con una crisi economica dagli effetti devastanti e una crisi politica che vede il centrodestra decomporsi lentamente, il nostro partito non è ancora considerato dalla maggioranza degli italiani come una forza in grado di costituire una alternativa credibile per governare il paese.
La confusione su qualsiasi tema, da quelli etici a quelli economici, un distacco sempre crescente con la base del partito e con le esigenze dei cittadini e uno stucchevole verticismo autoreferenziale, spingono sempre più persone, molte delle quali da sempre vicine al centrosinistra, ad allontanarsi dal Pd e dalla politica.
Segretario, quello che ti chiediamo è di ascoltare di più i tuoi iscritti e i tuoi elettori e meno i capi corrente. Di parlare di più di scuola, lavoro, salute e futuro e meno di improbabili alleanze centriste, governi tecnici o accordi sottobanco. Vorremo che il nostro inizi veramente ad essere un Partito (che sta dalla parte dei più deboli e dei più svantaggiati) Democratico (che rispetti e ascolti le voci di tutti).
Solo così possiamo incominciare a preparare giorni migliori per l’Italia.

Condove e S.Antonino, 27 novembre 2010

9 novembre 2010

La carta di Firenze. La Prossima Italia


Noi.

Noi che abbiamo imparato a conoscere la politica con tangentopoli e il debito pubblico e che oggi troviamo la classe dirigente del Paese occupata a discutere di bunga bunga e società offshore.Noi che nonostante quello che abbiamo visto, fin da bambini, crediamo nel bene comune, nella cosa pubblica, nell'impegno civile.

Noi che ci siamo riuniti a Firenze per ritrovare le parole della speranza. Noi che abbiamo voglia di incrociare i nostri sogni e non solo i nostri mouse. Noi che crediamo che questo tempo sia un tempo prezioso, bellissimo, difficile, inquietante, ma sia soprattutto il nostro tempo, l'unica occasione per provare a cambiare la realtà. Noi.

Noi vogliamo gridare all'Italia di questi giorni meschini, alla politica di questi cuori tristi, al degrado di una solitudine autoreferenziale, che si può credere in un'Italia più bella.

Sì, noi crediamo nella bellezza, che forse non salverà il mondo, ma può dare un senso al nostro impegno. La bellezza dei nostri paesaggi, delle nostre opere d'arte, delle nostre ricchezze culturali, certo. Ma soprattutto la bellezza delle relazioni personali, la bellezza di andare incontro all'altro privilegiando la curiosità sulla paura, la bellezza di uno stile di vita onesto e trasparente.

Da Firenze, patria di bellezza, ci mettiamo in gioco.Senza pretendere posti, senza rivendicare spazi, senza invocare protezioni. Senza chiedere ad altri ciò che dobbiamo prenderci da soli.Ci mettiamo in gioco perché pensiamo giusto che l'Italia recuperi il proprio ruolo nel mondo. Ci mettiamo in gioco perché non vogliamo sprecare il nostro tempo.Ci mettiamo in gioco perché abbiamo sogni concreti da condividere.

Ci accomuna il bisogno di cambiare questo Paese, un Paese con metà Parlamento, a metà prezzo, un Paese dalla parte dei promettenti e non dei conoscenti. Che permetta le unioni civili, come nei Paesi civili; che preferisca la banda larga al ponte sullo Stretto; che dica no al consumo di suolo, e sì al diritto di suolo e di cittadinanza. Un Paese in cui si possa scaricare tutto, scaricare tutti; che renda il lavoro meno incerto, e il sussidio più certo.  Che passi dall'immobile al mobile, contro le rendite, e che riduca il debito pubblico, la nostra pesante eredità.

Vogliamo rispondere al cinismo con il civismo. Alla divisione con una visione. Alla polemica con la politica. E vogliamo farlo con la leggerezza di chi sa che il mondo non gira intorno al proprio ombelico e con la serietà di chi è capace anche di sorridere, non solo di lamentarsi.

Da Firenze, laboratorio di curiosità, vogliamo provare a declinare il coraggio contro la paura, condividendo un percorso di parole e di emozioni, di progetti e di sentimenti perché la prossima fermata sia davvero l'Italia. Un’Italia che oggi riparte dalla Stazione Leopolda, la Prossima Italia.

7 novembre 2010

Prossima Fermata: Italia. kNOw TAV -

Firenze, stazione Leopolda
5-6-7 novembre 2011

Buongiorno a tutti. Mi chiamo Jacopo ho 28 anni e sono il coordinatore di un piccolo circolo della Valle di Susa. Sono un coordinatore un pò discolo, perchè oggi dovrei essere a Roma da Bersani. Ma visto che vi voglio parlare di un problema che riguarda la mia valle, so che per essere ascoltato è stato meglio venire qui a Firenze.

Da circa vent’anni la Valle di Susa si confronta con la questione della costruzione della linea Tav Torino-Lione.

In questi anni gli amministratori e la stragrande maggioranza della popolazione valsusina hanno cercato di far sentire la loro voce in tutti i luoghi in cui la realizzazione di quest’opera veniva discussa. Fino a dicembre 2005 però, la Valle di Susa è rimasta inascoltata. Ci sono voluti gli scontri di Venaus per far si che si accendessero i riflettori su un problema che non è locale ma riguarda tutto il paese.
Gli scontri dell’inverno 2005, in tutta la loro drammaticità, hanno avuto un risultato positivo. Hanno cioè costretto l’allora governo Berlusconi a costituire un Osservatorio Tecnico in cui anche gli amministratori e i tecnici della Valsusa hanno avuto voce.

Dopo oltre cinque anni di lavoro, i risultati dell’Osservatorio sono stati raccolti in quattro quaderni, pubblicati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Questi risultati dicono che investire 25 miliardi di soldi pubblici in un’opera che sarebbe pronta tra 30 anni è una follia. Non solo non sussistono le necessità economiche (dopo la crisi di questi ultimi anni bisogna in primo luogo tornare a produrle le merci, prima ancora di pensare a spostarle) ma non sussistono neanche le necessità tecniche perché la linea che attualmente attraversa la valle risulta essere sottoutilizzata (6 mil/ton annue contro le 15 che potrebbe sopportare). Le cause di questo sottoutilizzo non vanno ricercate sulla linea che attraversa la valle, bensì in quello che viene definito “il nodo di Torino”. Nodo che, per l’assenza di tracce libere, impedisce non solo il potenziamento del traffico merci, ma anche lo sviluppo di un servizio di trasporto pubblico locale dignitoso.

Di fronte a questi dati, gli amministratori della valle hanno proposto una serie d’interventi graduali sulla linea attuale, volti a migliorare il trasporto sia delle merci, sia dei pendolari, partendo dalle oggettive problematiche che interessano la linea.
Queste proposte, che si fondavano sul concetto “facciamo quello che serve”, e che avevano trovato un certo consenso anche nell’Osservatorio, avrebbero consentito al nostro paese di ottimizzare le sue risorse economiche e di varare un metodo innovativo ed efficace per realizzare le opere pubbliche.
Questo metodo di lavoro però, non è mai stato preso seriamente in considerazione.

In questi anni i protagonisti di questa storia sono stati tanti. Ne è però sempre mancato uno. La buona politica. Troppe volte gli interessi politici ed economici hanno avuto la meglio sul buonsenso e sugli interessi dei cittadini. Troppe volte le legittime preoccupazioni della popolazione locale non sono state ascoltate. Troppe volte il problema della Tav è stato affrontato in modo superficiale.
Questo approccio ideologico ha incancrenito le posizioni e, piano piano, il merito della questione è stato messo in disparte, privilegiando gli slogan o le sterili dichiarazioni d’intenti.
Oggi in valle la tensione si taglia con il coltello. A gennaio è prevista una nuova fase di cantierizzazione e si percepisce un nervosismo sempre crescente. Come nel 2005, gli scontri sono dietro l’angolo e sembra che nessuno se ne preoccupi. Rischiamo di vivere una nuova Terzigno, ma non vedo da parte della politica la volontà di evitarla.

E per questo mi rivolgo al mio partito.
Come tutti voi, credo che il Pd (non questo Pd, il Pd) sia l’unica speranza per questo paese. L’unico in grado di governarlo e di farlo uscire dal baratro in cui la destra l’ha fatto piombare.
Credo però che il mio Pd si debba interrogare sull’utilità di un progetto vecchio di 20 anni, che non rispecchia più le esigenze trasportistiche ed economiche del nostro paese. Siamo proprio sicuri che il rapporto costi-benefici relativo al collegamento tra la rete Tav francese e quella italiana, sia migliore realizzando una nuova linea impattante e costosissima invece di modernizzazione quella attuale? Credo che il Pd debba uscire dalla querelle SiTav-NoTav, iniziando a parlare di quali infrastrutture servono a rendere il nostro paese moderno, efficiente, competitivo. Un paese europeo insomma. Vorrei che il Pd, quando parla di grandi opere, parlasse anche di un uso oculato del denaro pubblico, di che impatto queste opere possono avere sul territorio, di mobilità sostenibile, di opportunità lavorative, di percorsi decisionali democratici e di processi virtuosi di rappresentanza dei territori.
Vorrei che il Pd costruisse la sua idea di sviluppo sulla qualità della produzione e non solo sulla sua quantità, sull’innovazione tecnologica e non sulla diminuzione dei salari, sulla tutela dell’ambiente e non sulla sua devastazione, sullo sviluppo delle conoscenze e dei saperi e non sulla loro mortificazione.

Seneca diceva che non esiste vento buono per il marinaio che non sa dove andare. E allora forse il problema del Pd non è la tempesta in cui si è perso, ma la rotta che non ha ancora trovato.
E allora spieghiamo le vele e prepariamo le bussole.
La rotta, al Pd, incominciamo a darla noi.

http://www.youtube.com/watch?v=F9L3siWYIfc

25 luglio 2010

Andiamo Oltre. Il campeggio 22-23-24 luglio 2010

ALBINEA (RE)
23-24-25 luglio 2010


Anche io sono come Mauro. Un po’ lento, a tratti pigro, e una volta visti e letti i tanti (e tutti molto belli) commenti sul campeggio ho avuto un sovraccarico emozionale che mi ha bloccato quel poco di vena creativa che mi viene quando ho di fronte un foglio bianco e in testa una storia da raccontare.
Di questa DemoWoodstock, due cose mi hanno colpito e mi stanno facendo pensare (a dire il vero sono tre, la prima è Labanca).
Le tante foto caricate su Facebook mi hanno fatto capire quanto sia forte la soggettività che ognuno di noi ha nel vivere un momento di condivisione così bello e così intenso. Ognuno di noi ha puntato l’obiettivo della sua macchina fotografica su un particolare differente, su una persona diversa o su momento particolare. Ognuno di noi si è portato a casa un momento particolare che migliorerà il suo essere cittadino, si presume, impegnato. Le differenze come risorsa e non come limite. Questo era lo spirito del primissimo Pd. Questo è lo spirito di Oltre. E a vedere dalle foto stiamo facendo un buon lavoro.
Infine, sabato mattina venendo al campeggio, sono rimasto imbottigliato a Piacenza. Sono uscito dall’autostrada e ho raggiunto Albinea in statale. Sono circa 80-100 km. Ho attraversato la bassa padana con i suoi campi (pochi) e i suoi capannoni (tanti e alcuni, molti anzi, vuoti). Ho attraversato il paese di Verdi, ho visto anziani in bicicletta e bambini che giocavano a pallone sul sagrato di una chiesa. Mi sono imbattuto in un cane randagio che non si voleva levare da in mezzo alla strada e in tanti trattori che hanno rallentato il mio passo. Ho percorso strade nuove nuove e strade con le buche; orribili quartieri costruiti da zero e casette ristrutturate in maniera splendida. Mi sono fermato in un bar a prendere un caffè e a chiedere un’informazione che mi è stata data grazie alla joint venture tra la barista e una signora di passaggio. In soldoni, e scusate la retorica, ho visto un pezzo d’Italia.
Mi vengono in mente le parole di quell’amico di Pippo che diceva: “A me che me ne importa del Pd, io voglio salvare l’Italia”. Io sono meno radicale. Del Pd alla fine un po’ me ne importa. Però se per tre mesi ci siamo dati da fare come matti e ci siamo ritrovati ad Albinea, non dimentichiamoci che lo abbiamo fatto per rimettere in piedi il nostro paese. Voi mi direte: “hai detto niente…”, e forse avete ragione. Io però un pezzo d’Italia, anche se solo dal finestrino, l’ho visto e me lo sono gustato. E ho avuto l’impressione che, anche tra chi non ci conosce e non sa neanche chi siamo, ci sia molta voglia di Andare Oltre.

10 aprile 2010

L'inizio di una storia nuova...

ANDIAMO OLTRE
Sabato 10 aprile 2010, dalle ore 10.30, a Milano, circolo Arci Bellezza, via Bellezza,

Avvertenze e modalità d'uso

Il presente non è una corrente, né una componente, né una mozione, ma un contratto a progetto, della durata di tre mesi. Non ha a cuore le fondazioni, ma le fondamenta da cui ripartire per rilanciare il Pd. Questo contratto impegna a non prendere in considerazione le vicende interne del partito (a cui abbiamo dedicato l'intera annata 2009) ma a prendere in considerazione esclusivamente i progetti e le proposte da fare al Paese (a cui dedicheremmo, ove possibile, l’annata 2010). Ogni forma di subordinazione a logiche correntizie o a cordate a tempo indeterminato è bandita e esclusa. Il progetto è aperto a tutti e si basa sulla condivisione di una «banda larga» di persone, senza capo (all'infuori di Pigi) ma con una lunga coda di lavoro da fare. All'ingresso è sufficiente presentarsi con un'idea.
Un consiglio: essere generosi e non preoccuparsi che qualcuno vi copi. Anzi. Perché «la felicità è reale solo se è condivisa». Il nostro, come dice un giovane militante, Giorgio Ruffolo, è un «paese troppo lungo». E allora facciamolo a fette, come per altro hanno già fatto gli elettori, cercando di costruire dei percorsi politici nelle sue parti e cercando di arrivare al 150° dell'Unità d'Italia con qualche idea unitaria che ne rispetti articolazioni, esigenze e aspettative. Il metodo di lavoro è esportabile, copyleft. Si può scaricare il logo e la documentazione, adottarli e utilizzarli come si preferisce, con la preghiera di comunicare allo "sportello unico" di Oltre (una casella di posta elettronica: andiamooltre@gmail.com). Apprezzabili - sempre - brevità e sintesi. Think tank sì, ma all’aria aperta. Alla scoperta della politica. Non dobbiamo riprenderci il Pd, dobbiamo riprendere una relazione con gli elettori, come ha scritto Andrea da Edolo.

Tre mesi, tre ambiti, tre progetti

Nord, chi doveva portare la bussola?

Ci avvarremo della competenza dei ragazzi di Termometro politico e dell'osservatorio di Andrea da Luino, dell’archivio del legologo Daniele da Asti, di Andrea e Stefano da Varese, della competenza di Ilda da Torino e di Franco da Reggio Emilia, per un'analisi approfondita del voto alla Lega (e al Pdl) dei circoli del Pd e delle associazioni democratiche interessate a precisare questo tipo di progetto. Interpelleremo gli osservatori che ne sanno qualcosa, alla ricerca di una base da cui ripartire.
Ci occuperemo della costruzione del consenso al Nord, a cominciare dai temi più difficili (fisco, sicurezza, piccola impresa, stranieri, rom) in cui il centrosinistra gioca “in trasferta”, per estendere il dibattito politico ai temi ingiustamente dimenticati (lealtà contributiva e lavorativa, rispetto della legge e della Costituzione, casa, lavoro). Contraddizioni e paradossi, come il federalismo «solo a parole» e le difficoltà dei Comuni, i 'clandestini' prodotti in batteria grazie alla burocrazia che servono poi come ‘combustibile ‘elettorale, le sparate propagandistiche senza alcun significato pratico (dalle ronde alla RU486). Da Novara a Trieste, da Verona a Torino, per capirne di più e per rilanciare. Opposizione e proposta, per recuperare qualche pallone e per rilanciare nella metà campo avversaria.

Il Partito dei giovani

Il Pd deve diventare il partito dei giovani italiani. Non il partito dei giovani dirigenti, il partito dei giovani elettori. Chi ha meno di quarant'anni non è rappresentato da nessuno. Sul "contratto unico" siamo tutti d'accordo, ma ancora non si vede una campagna in questo senso, che lo renda popolare, che sappia dire al singolo precario che cosa gli succede se vince il Pd, che sappia indicare al Paese una via più razionale, seria e consapevole al proprio sviluppo. Il sistema elettorale allontana i giovani dalla politica (per la verità, allontana tutti). L'innovazione tecnologica è un tema frequentato pochissimo. Il dibattito sui diritti è in alto mare., come se fossimo nel 1010 e non un millennio più avanti. Un nuovo ambientalismo non riesce ancora a imporsi, come accade in altri Paesi.
Per tutto questo, lavoreremo alla redazione del manifesto del partito dei giovani. Ascoltando tutti. Dai giovani che si sentono democratici (anche quelli che, come dice Elio, all'improvviso sono "vecchissimi") agli anziani-e-però-giovanissimi del partito, dal popolo Viola a «quelli che la politica gli fa schifo», da chi cerca lavoro a chi l'ha trovato ma non sa quanto durerà, a chi vuole capire se in Italia il sole continuerà a sorgere. Samuele da Pisa coordinerà i lavori. Per andare oltre, oltre la precarietà: e oltre i quarant'anni, se ci riusciamo.

Dall'Aquila, verso Sud

Michele e i giovani del Pd all'Aquila, i ragazzi di Salerno, Peppe e i suoi studi per un meridionalismo consapevole e rigoroso, per un racconto diverso del Sud, per una reale proporzione dei problemi e delle possibili soluzioni. Informazioni più puntuali, i buoni esempi e le buone notizie, la possibilità di costruire relazioni tra Nord e il Sud del Paese. L’«abolizione del Mezzogiorno» è in corso da anni: dove sono finiti i rifiuti di Napoli (e quelli di Palermo)? Dove son finiti i soldi pubblici per le opere, grandi (mostruose) e piccole (invisibili)? Dov’è finito il Sud e perché se ne parla solo come argomento polemico? Chi lo governa, di chi sono le responsabilità? Domande a cui ci piacerebbe dare risposta, partendo dall'Aquila, andando verso Sud: per una volta, senza rotolare.

I luoghi e le modalità

Un sito internet wiki coordinato da Alessandro da Misinto, un gruppo su Facebook, la «Banda» larga come piccolo portale d'iniziative e proposte. Iniziative tematiche, punti precisi, contributi da promuovere a livello locale, vocalissimo, in «un viaggio attraverso i luoghi della quotidianità e dell’umanità», come lo ha chiamato Ali da Roma. Una casella email: andiamooltre@gmail.com. Un filo diretto. Un aggiornamento mensile, il 27 di ogni mese, che riceverete con il work in progress e le iniziative in corso.

Gli obiettivi

Tre pubblicazioni dedicate ai nostri progetti e ai nostri tre mesi di lavoro. In più, strumenti (come il Libro grigio o il prontuario «Mandiamoli a casa», prodotti in Lombardia negli ultimi mesi), documentari (come quelli del progetto LoVe), format per le manifestazioni, ipotesi di campagne politiche e di comunicazione, volantini, proposte precise da portare all'attenzione del partito.

Il gran finale

Una festa democratica a fine luglio. Tre giorni di presentazione dei risultati e la consegna al segretario nazionale di quello che sarà elaborato. Magari a Montecchio Emilia, dove un tempo si faceva la festa di Cuore. Anche per non prenderci troppo sul serio.