20 novembre 2012

Minatori verdeoro, ovvero lo Shakhtar Donetsk

Dopo aver preso a pallonate i campioni d'Europa in carica, ora ci basta un solo punto per avere la certezza matematica di accedere agli ottavi di Champions League, obiettivo raggiunto l'ultima volta nel 2009-10.
Dovremo andarlo a cercare in Ucraina, a Donetsk, contro uno Shakhtar già qualificato, squadra nobile del calcio sovietico ma semi-sconosciuta in Europa fino a pochi anni fa.
Nato ufficialmente nel 1936, lo Shakhtar ha raccolto l'eredità di diverse squadre locali esistenti fin dai primissini anni del '900, fondate da lavoratori inglesi trasferitisi in Ucraina durante il boom industriale delle miniere dell'Impero Russo.
Una sorta di squadra da dopolavoro, tant'è che prima di prendere il nome Shakhtar (che in russo significa "minatori"), il club ucraino venne chiamato Stachanovec, in memoria del mitico minatore di Donetsk Alekesej Stachanov che ancora oggi nominiamo spesso senza saperlo quando definiamo qualcuno "stakanovista". 
Per oltre sessant'anni la fama del club non oltrepassò i confini ucraini, ma con l'arrivo del presidente Rinat Akhmetov la storia dello Shakhtar cambia radicalmente. Sette Scudetti, sette Coppe d'Ucraina, quattro Supercoppe nazionali ma soprattutto la prima Coppa Uefa nella storia del calcio ucraino.
I rubli di Akhmetiov hanno infarcito lo Shakhtar di brasiliani giovani e forti come Fernandinho, Luiz Adriano, Willian o Douglas Costa, messi in campo alla grande da quel vecchio volpone di Mircea Lucescu.
Insomma, dal piccone e la pila frontale alla salsa verdeoro. La squadretta del dopolavoro sta diventando una forza del calcio europeo e anche se loro non hanno più nulla da chiedere, prendersi un punto in casa loro non sarà una passeggiata.





   
   

 


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