11 marzo 2013

Lo spazio della politica

Oggi Grillo ha dichiarato che si ritirerà dalla politica se i parlamentari pentastellati decidessero di votare la fiducia ad un qualsiasi governo formato "dai partiti".
Sorvolo sul fatto che anche l'M5S è un partito e quindi sarebbe interessante capire da chi dovrebbe essere guidato e sostenuto il prossimo governo. Sorvolo anche sul fatto che il "semplice megafono" imponga, nel primo giorno della nuova legislatura, una sorta di fiducia su sè stesso, consapevole di trovarsi di fronte ad un bivio: provare a formare un governo con il centrosinistra, ascoltando i milioni di elettori che lo han scelto per fare delle cose, o mandare tutto al diavolo dando retta ai migliaia di militanti e fan più scalmanati. 
Deve cioè capire se vuole far politica davvero o se invece ammettere di non essere interessato.
Vi rimando alle belle riflessioni su questo tema fatte oggi da Pippo Civati e da Stefano Aurighi.
La cosa interessante è che un dilemma ugualmente profondo, e dagli esiti non scontati, lo sta attraversando anche il Pd.
Al di là delle vicende legate al governo e alla gestione di queste difficili settimane, dentro il partito sta crescendo in maniera sempre più visibile e diffusa il malcontento di una base che, dopo aver subito storcendo il naso le scelte fatte in questi ultimi tre anni, dopo i risultati di due settimane fa appare sempre più decisa nel chiedere conto ai dirigenti dei loro fallimenti.
In ordine sparso, gli interventi di Soru, Civati e Cuperlo in direzione nazionale, il bell'intervento di Matteo Franceschini Beghini alla direzione provinciale di giovedì, la nostra iniziativa sabato, le iniziative su Facebook a favore di un governo di scopo, i tentativi simili di Puppato ed Errani, il ritorno in campo di Renzi.
I primi essmpi che mi son venuti in mente, che però hanno in comune una cosa. La consapevolezza che il Pd non si deve svecchiare; deve proprio cambiare. Radicalmente e velocemente. Non una resa dei conti ma una resa di fronte alla realtà.
Insomma, dopo vent'anni di immobilismo e di tatticismi, pare stia tornado il tempo della politica.
Quella che propone soluzioni, che fissa le priorità, che coinvolge i cittadini, che ci mette la faccia.
Quella che ha tanti padri (i cittadini) e nessun padrone.
Che sia la volta buona?

1 commento:

  1. Vorrei aggiungere che per la prima volta da anni ho visto gli esodati della politica, quelli che erano stanchi e se ne sono andati, i delusi, quelli incazzati (perdonate il francesismo) tornare indietro e parlare. Sentirmi partecipe dopo anni, un po' come al tempo della scuola nelle assemblee di movimento. Parlare per non sentirmi inutile, esserci per contare, sentire per crescere. Ma insieme e senza parole o tavole della legge cadute dal cielo. Qualcosa di nuovo in comune con qualcuno che aveva e sentiva la stessa voglia.
    Bobo

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