12 marzo 2013

Sui costi della politica

Visto che è l'argomento del giorno (anzi, degli ultimi anni) e visto che mi è toccato dibatterne pubblicamente più di una volta, scrivo brevemente anche qui che ne penso, partendo da una serie di riflessioni fatte ieri sera con un amico. 
L'errore è pensare che la politica non abbia spese. Il delitto è pensare di poter usare questa verità come "paravento". Il referendum di 20 anni fa ha abolito il finanziamento ai partiti ma non i rimbosi elettorali. Il punto è che è vergognoso incassare, per fare un esempio a me vicino, 48 milioni di euro a fronte di una spesa di 6,5. La cosa sbagliata è che i rimborsi vengono elargiti un tot a voto e non in base alle spese, ed è questa la prima cosa da cambiare.
La nota positiva è che non dobbiamo inventarci niente, basta solo guardare cosa capita altrove e scegliere la soluzione che ci sembra migliore.
Negli altri paesi del mondo ci sono delle regole molto vincolanti per le spese dei partiti, a vari livelli. In Germania, per esempio, le spese dei gruppi parlamentari sono gestite direttamente dal Parlamento tedesco. Ti serve uno staff per fare il tuo lavoro? Bene, te lo pago io mettendo un tetto alle spese e selezionando i collaboratori.
Negli USA, dove il finanziamento pubblico è talmente basso che nessuno lo utilizza, le spese per la politica sono sostenute dai privati e sono enormemente superiori alle nostre ma si sta lo stesso pensando di introdurre un finanziamento pubblico corposo per evitare che le lobby influiscano sulle scelte dei partiti che sostengono e finanziano.
Da noi c'è poi un problema "tecnico". I nostri partiti non hanno una ragione sociale. Non sono cooperative, srl, spa, onlus o altro. Basterebbe modificare questo punto per avere un quadro molto più trasparente.
Non basta? Si vuole proprio togliere togliere il finanziamento pubblico?
Bene, basta che lo si sostituisca con qualcos'altro, proprio per evitare che solo i miliardari o i grandi poteri possano finanziare la politica. Le soluzioni alternative ci sono, come questa che da un anno circa gira per il web e che è sostenuta anche da un neo parlamentare come Pippo Civati. Un modo per far partecipare i cittadini e per sgravare il bilancio pubblico.
E poi basta usare la fantasia. In una bella discussione di qualche giorno fa ho sentito delle proposte molto interessanti. Tipo, in campagna elettorale non la si potrebbe smettere con tutti questi manifesti e volantini che lasciano il tempo che trovano? Non sarebbe meglio che lo Stato mettesse online, su un sito governativo, tutti i programmi e tutte le biografie dei candidati? O che riservasse a sue spese degli spazi (gli stessi) da affidare ai partiti a rotazione? O che mandasse in soffitta questa finta par condicio, obbligando i candidati e i gruppi politici a partecipare ai dibattiti televisivi?      
Una volta che abbiamo fatto tutto questo però, ricordiamoci che i veri grandi sprechi della politica stanno altrove. Gli sprechi sono i fiumi di soldi che a vari livelli girano nelle istituzioni. Quanti staffisti in regione o in provincia per ogni gruppo consiliare? Quanti progetti di amici finanziati con i soldi di tutti? Quante cene, trasferte, feste pagate con i nostri soldi? Quante persone sguazzano in questo sistema, portando a casa la pagnotta (e spesso anche un po' di prosciutto)?
Questo è un argomento delicato, e purtroppo mi rendo conto che gli eccessi, le ruberie e lo squilibrio di questi anni hanno costruito un clima per cui fare dei ragionamenti su questo tema è quasi impossibile. Al centro di tutto ci sono i soldi (e visto che in sto periodo ne girano pochi, non potrebbe essere altrimenti), non il normale funzionamento della democrazia e quindi chi vuole mantenere il finanziamento pubblico così com'è è un ladro, chi lo vuole togliere un salvatore della patria (salvo poi scoprire retroscena molto interessanti).
Chi, come me e altri, pensa invece che il finanziamento debba esssere mantentuo ma regolamentato e soprattutto ridotto drasticamente, semplicemente non viene considerato. Evidentemente è già una posizione troppo lontana dallo stomaco.
Qui non ci sono vie di mezzo. O bianco, o nero. Un modo di pensare tutto italiano che non ci ha portato molto lontano.
 
 
 
 

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