7 marzo 2013

Un commento sulla direzione nazionale

Parto dalla polemica che sta riempiendo le colonne dei giornali di oggi.
Ieri Matteo Renzi ha abbandonato quasi subito, e senza intervenire, la direzione nazionale del Partito Democratico.
Una scelta che è stata molto criticata da alcuni degli intervenuti e anche dai media.
Fino a lunedì scorso mi sarei aggiunto anche io al coro delle critiche, ma dopo l'esito del voto mi sembra che qualsiasi cosa faccia Renzi stia diventando un alibi per una classe dirigente che ieri, durante il dibattito, ha dimostrato di non aver capito granchè di quello che è successo.
Ci hanno provato Pippo Civati, Renato Soru e a modo suo anche Gianni Cuperlo a ricollegare la dirigenza del Pd alla realtà. Temo con scarsi risultati.
Franceschini ha di nuovo tirato fuori Monti, D'Alema la "destra senza Berlusconi" (che non esiste), qualcuno l'eterno dualismo tra liberalismo e socialdemocrazia che nel resto del mondo, mi spiace per loro, non esiste più.
Invece di parlare di tutto questo, l'attenzione si è spostata su Renzi, che abbandonando la direzione non credo volesse fare lo spaccone o l'ennesimo colpo di teatro, ma abbia dimostrato di iniziare a perdere la speranza di cambiare il Pd.
Io credo che si sbagli, ma inizio a non avere più molte certezze e usare questo episodio per imbastire una polemica personalistica non fa che accrescerle.
Sono preoccupato, perchè vedo tanti militanti e tanti elettori consapevoli di quanto sta accadendo, della difficoltà di chi dirige il Pd di interpretare il cambiamento e di essere percepita come forza di rottura. Vedo anche persone che si sono allontanate per questo motivo ma che, ancora e nonostante tutto, ci osservano con attenzione per vedere se abbiamo capito la lezione.
C'è un ancora una grossa fetta di cittadini che vorrebbe credere al Pd, ma che non lo fa per colpa di un gruppo dirigente sparuto, autorefernziale e sempre più asserragliato sulle proprie posizioni.
Paradossalmente, Bersani ha compreso questa situazione ma credo non sappia bene come uscirne, impelagato com'è in questo caos istituzionale.
Un modo ci sarebbe. L'unico, tra l'altro. Sostenere una nuova classe dirigente mettendoci la faccia senza far più calcoli. Quelli che alla fine son sempre sbagliati.
Un nome in campo c'è già, da alcuni mesi anche. Quello di Pippo Civati, che per le sue capacità e la sua lucidità rende l'unica strada percorribile anche la migliore.

4 commenti:

  1. eterno dualismo tra liberalismo e socialdemocrazia
    esiste, eccome se esiste ancora in europa! ma che cosa dice signor Suppo e signor Civati?
    siamo noi italiani che ci siamo inventati esperimenti politici al di fuori di queste semplici categorie e tradizioni.
    E queste categorie esistono anche in dottrina economica non solo politica e hanno a che vedere con l' area di intervento che si vuole attribuire allo stato.
    La tragicommedia italiana ha anche a che vedere con queste frotte di "illuminati"italiaci che inventano sintesi politiche e politologiche che si pretendono complesse e sono invece astruse e naif
    alessandro riccio
    aleesandro riccio

    RispondiElimina
  2. Ciao Jacopo,
    condivido tutto, tranne il fatto che non esista più il dualismo tra liberalismo e socialdemocrazia. Mi dispiace, ma non è così. Ha ragione il Sig. Riccio quando dice che solo in Italia esiste questa strana situazione. Tu mi dirai che non frega niente a nessuno del liberalismo e della socialdemocrazia, ma le nostre differenze con Monti stanno proprio nella concezione di welfare, la sua liberale, la nostra socialdemocratica e il fatto che abbiamo perso nasce proprio dal sostegno avulso che il PD ha dato ad un governo conservatore liberale, che ha colpito proprio il modello di welfare che abbiamo a cuore noi, dalle pensioni al mercato del lavoro.

    Matteo Mereu

    RispondiElimina
  3. gli esempi che ha fatto Pippo nel suo discorso (due tra i tanti) sono utili a far capire che il punto è liberalizzare dove si deve liberarlizzare e tutelare dove si deve tutelare. Il mondo non è bianco o nero. In Italia a parole si professano tutti o socialdemocratici su tutto o liberlisti su tutto, poi in realtà non si fa mai un bel niente, nè in un senso, nè nell'altro.

    RispondiElimina
  4. sì matteo, infatti il welfare è proprio uno di quei settori chedeve essere tutelato, potenziato ma anche rivisto, magari prendendo spunto dagli altri paesi europei. la proposta del reddito di cittadinanza per esempio, se diventasse realtà sarebbe già un grande risultato. penso però anche ai settori del commercio e delle libere professioni, a cui proprio bersani aveva provato a dare una sterzata, dove sono ancora troppi gli interessi corporativi che fanno male a tutto il sistema Italia. Oggi siamo un insieme di individualità, sarebbe bello invece che fossino una comunità di persone con gli stessi diritti ma anche gli stessi doveri. il bene comune non è poi quello?

    RispondiElimina