16 maggio 2013

La maledizione di Guttmann

Ieri sera il Benfica ha perso l'Europa League, superata al 93' dal Chelsea che, dopo aver giocato una partita mediocre, si è portata a casa il trofeo grazie ad un gol di testa di Ivanovic.
Per il Benfica è la seconda beffa nei minuti di recupero in tre giorni. Domenica infatti, nella penultima giornata di campionato, aveva perso 2-1 contro il Porto al 92', perdendo gara, testa della classifica e molto probabilmente anche il campionato. Due brutti colpi, anche se la sconfitta di ieri sera all'Amsterdam Arena è quella che fa più male e che inquieta sempre più i tifosi delle Aguias. Centrano un allenatore ungherese, dei soldi e un maledizione lunga 51 anni.
Bela Guttmann era un ebreo ungherese, che dopo una discreta carriera da giocatore divenne famosissimo come allenatore per le sue vittorie, per il suo caratteraccio ma soprattutto per i suoi metodi di gioco rivoluzionari. Siamo alla fine degli anni '50, e dopo aver allenato il Milan, il San Paolo e il Porto, Guttmann passa al Benfica. A Lisbona trova una squadra giovane e affamata, giocatori come Joaquin Santana e Jose Aguas e una società che gli lascia carta bianca. Guttmann rivoluziona i metodi di allenamento, puntando molto sulla parte atletica, sugli schemi di gioco (s'inventa il 4-2-4), sui movimenti senza palla, sulla preparazione psciologica del calciatore. Tutte cose per noi ovvie ma che all'epoca suonavamo quasi come un'eresia (leggetevi "Storia delle idee del calcio", di Mario Sconcerti. Vi si aprirà un mondo). Con Guttmann il Benfica vola in Portogallo e in Europa, dove riesce a vincere due Coppe dei Campioni consecutive, nella stagione 1960-61 e in quella 1961-62. Nella stagione 1961-62 esplode il fenomeno Eusebio, talento purissimo voluto dallo stesso Guttmann dopo averlo visto in un torneo giovanile. Finita la stagione però, i rapporti tra il tecnico ungherese e la società si deteriorano. Guttmann vuole un aumento di stipendio che il presidente dell'epoca non gli concede. Per tutta risposta Guttmann saluta tutti sbattendo la porta e lanciando la famosa maledizione: "Da qui a cento anni nessuna squadra portoghese sarà due volte Campione d'Europa, e senza di me il Benfica non vincerà mai più una Coppa dei Campioni". Bene, dal 1961 il Benfica ha raggiunto una finale internazionale otto volte, ed è sempre tornata a Lisbona con la medaglia d'argento al collo. Nel 1962-63 perde sia la Coppa Intercontinentale (contro il Santos di Pelè), sia la Coppa Campioni (2-1 per il Milan), sconfitta bissata nel 1964-65 contro la grande Inter di Herrera (1-0). Perde un'altra Coppa dei Campioni nel 1967-68, travolta 4-1 dal Manchester United, mentre nel 1982-83 perde la Coppa Uefa nella doppia sfida con l'Anderlecht. Nel 1987-88 e nel 1989-90 è ancora la Coppa dei Campioni a sfuggirgli di mano in finale, la prima volta contro il PSV ai calci di rigore, la seconda volta ancora per mano del Milan, castigata da Rijkaard. La sconfitta di ieri sera quindi è solo l'ultima della serie.
Si dice che prima della finale persa contro il Milan nel 1990, Eusebio sia andato sulla tomba di Guttmann per pregarlo di spezzare la maledizione. Non sembra però averlo convinto. L'unica cosa che può consolare i tifosi portoghesi è che, calendario alla mano, metà della maledizione se n'è andata. Dovranno aspettare "solo" altri 49 anni per vincere qualcosa.
 

Nessun commento:

Posta un commento