10 febbraio 2012

Sembrava il treno anch'esso, un mito di progresso

Sembrava il treno anch’esso, un mito di progresso

Sono state giornate un po’ frenetiche per noi valsusini, ma tra manifestazioni rovinate da imbecilli imbrattatori e nuovi accordi internazionali, ho scovato due articoli di quei comunisti de Il Sole 24 Ore riguardanti l’Alta Velocità ferroviaria che dovrebbero farci riflettere (o dovrebbero far riflettere chi non l’ha ancora fatto).
Giorgio Santilli ci spiega alla veloce in cosa consiste il nuovo accordo tra Italia e Francia firmato lunedì, che ha sancito la nascita del progetto “low cost”, ultimo capitolo di una storia che dura ormai da più di vent’anni e che sembra essere arrivata a una svolta decisiva. “La Torino-Lione si farà grazie a un corposo taglio dei costi alle opere. -dice Santilli- Lo strumento che abilmente è stato usato per produrre il risultato migliore è la cosiddetta “fasizzazione”. Si fa finta di rinviare, ma in realtà si cancellano per sempre opere pesanti (e inutili). Per la tratta nazionale si fa ricorso alla linea storica e certi funambolismi e progetti faraonici del passato vengono accantonati per sempre”. Un progetto che abbatte le spese dagli oltre 20 miliardi a poco più di 8, dimostrando che le malconce casse pubbliche non sono mai state in grado di sostenere le spese di un’opera definita “faraonica” dallo stesso Santilli.
Il punto però è un altro. Leggendo il pezzo, agli affezionatissimi del tema sarà venuto subito in mente il famoso progetto F.A.R.E., con due piccolissime differenze.
La prima, sostanziale, è che il F.A.R.E. si proponeva di realizzare solo eventuali migliorie realmente necessarie per la linea storica Torino-Lione, e non di fare tutto comunque. Una fasizzazione “strutturale” e non “temporale”. Dire “facciamo tutto lo stesso ma lo facciamo con calma” non vuol dire lavoriamo per fasi.
Ma questo è un problema che pare non sussistere più, visto che l’idea è quella di deviare tutto il traffico sulla linea storica, senza costruirne un’altra, a dimostrazione del fatto che una linea nuova non è mai servita.
La seconda differenza è che i proponenti opera hanno confermato di volere partire lavorando sul tunnel (che rappresenta poi il grosso degli 8 miliardi di euro previsti per l’opera) invece che dal sempre più intasato nodo di Torino.
A questo aggiungiamoci il fatto che nell’ultimo pacchetto liberalizzazioni di Monti si fa riferimento all’overdesign ferroviario, dichiarando espressamente guerra ad “ogni forma di ridondanza normativa che fa montare i costi delle opere”. In partica, no a spese per progettare tratte dove i treni possono viaggiare ai 300 km/h senza che ci sia un beneficio effettivo (sensibile riduzione dei tempi di trasporto, per esempio) e abbinare il trasporto merci a quello passeggeri.
Mi sembra un bel pasticcio, che non migliora di molto la situazione, anzi, se è possibile, butta altra carne sul fuoco. La realizzazione del tunnel (il cantiere, tra l’altro, è ancora fermo, occupato da militari che ci costano circa 90.000 euro al giorno) doveva essere funzionale alla costruzione di una linea nuova di zecca e a un ipotetico aumento di traffico (cosa che non è mai avvenuta negli ultimi 15 anni). Ora invece, con la prospettiva di collegare il tunnel alla linea storica, vorrei capire quali saranno le ripercussioni sul traffico ferroviario locale su una linea che oggi è sfruttata al 36% circa delle sue potenzialità, ma che, nel caso in cui venisse sottoposta a un aumento considerevole di treni, necessiterebbe di lavori e migliorie. Lavori e migliorie che presenterebbero notevoli difficoltà nella fase di cantierizzazione, visto che la linea passa proprio in mezzo alla maggior parte dei paesi della valle.
Insomma, il F.A.R.E. al contrario (che in italiano si chiamerebbe DIS F.A.R.E.) avrebbe dovuto mandare i titoli di coda sulla vicenda, ma credo che invece sarà solo un altro capitolo di questa storia infinita.
Come se non bastasse, Andrea Malan ci fa notare come l’analisi costi/benefici, per quanto riguarda le tratte passeggeri, non sia proprio il forte di Trenitalia in quanto “nel caso migliore, cioè la linea Milano-Bologna, la domanda necessaria a giustificare l’investimento sarebbe di 8,9 milioni di passeggeri l’anno, contro una stima degli autori della domanda 2010 tra 5,9 e 7,2 milioni; nel caso peggiore, quello della Milano-Torino, per pareggiare i conti servirebbero 14,2 milioni di passeggeri a fronte degli 1,2-1,5 stimati per il 2010. La conclusione è che «i risparmi di costo e di tempi di trasporto non giustificano l’investimento per nessuna delle tratte considerate (Torino-Milano, Milano-Bologna, Bologna-Firenze e Roma-Napoli) tranne, nel caso più ottimistico, la Milano-Bologna”.
Tutto questo mentre le grandi stazioni sono diventate dei centri commerciali, i servizi notturni sono stati cancellati, chi decide di spostarsi con gli intercity “si porti dei viveri e delle coperte” e i treni pendolari vagano sporchi, freddi e in ritardo per le lande gelide e sconsolate di quella che, una volta, era la Padania.
Ci sono poi delle questioni politiche ancora irrisolte. Queste continue giravolte di progetti, percorsi e relativi costi cozza con la tanto decantata strategicità dell’opera. Il fatto poi che anche Il Sole 24 Ore, cioè il giornale di riferimento di quei ceti produttivi che hanno tutto l’interesse a mettere in piedi cantieri e a spendere un sacco di denaro pubblico, rilevi come ci siano delle discrepanze tra gli investimenti e i risultati, mi mette una grande tristezza. Davvero la politica ha delegato a Confindustria e alle grandi imprese la scelta delle priorità per quanto riguarda lo sviluppo del nostro paese e, di conseguenza, la spesa del denaro pubblico? Davvero il centrosinistra, che secondo i sondaggi sarebbe la coalizione più autorevole a guidare il paese dopo la parentesi Monti, vuole perpetrare questo stato di cose?
E permettetemi anche una nota di autocritica. Davvero la Valsusa, e la sua classe politica, vuole continuare a star fuori da un processo decisionale, che va avanti nonostante tutte le criticità che continuano a emergere, rinunciando a far valere le sue sacrosante ragioni in tutte le sedi istituzionali (che senza la presenza valsusina non possono essere credibili), delegando la rappresentanza del suo dissenso al solo movimento, facile preda di chi pensa solo a imbrattare muri o a lanciare pietre?


http://www.prossimaitalia.it/news/2086/sembrava-il-treno-anchesso-un-mito-di-progresso/

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