29 gennaio 2013

La storia siamo noi

Come vi avevo scritto qui, ieri sera sono andato a vedere lo spettacolo teatrale organizzato dalle Scuole Medie di Condove in occasione della giornata della memoria.
I ragazzi sono stati bravissimi. Non solo sono riusciti a ideare e a mettere in scena uno spettacolo coinvolgente e non banale su un tema così difficile, ma dal tono delle loro voci si percepiva un coinvolgimento autentico.
Mi ha colpito un'immagine ad inizio spettacolo, che ricostruiva una discussione in una famiglia di ebrei, indecisa se lasciare o no il proprio paese. Non ce la faceva più a sopportare le umiliazioni, le vessazioni e le limitazioni di libertà che doveva subire per il solo fatto di essere una famiglia ebrea.
Mi son venuti in mente i tanti cittadini stranieri che nella nostra civilissima Italia, a oltre sessant'anni dagli orrori nazisti, spesso subiscono umiliazioni e vessazioni per il solo fatto di avere la pelle di un colore diverso o per parlare una lingua che non è l'italiano. Penso ai bambini stranieri che nascono in Italia, che vanno a scuola, giocano a pallone e guardano i cartoni come tutti i bambini italiani ma che italiani non sono. Penso a chi lavora dalla mattina alla sera e manda alla famiglia lontana parte del suo stipendio e poi magari ha difficoltà ad affittare una casa perchè è straniero. Gli stessi che pagano le tasse fino all'ultimo centesimo ma poi non possono votare o partecipare a un concorso pubblico.             
Ovvio che non si possono fare paragoni tra la Shoah e gli episodi di razzismo che ben conosciamo, ma è altrettanto vero che l'odio e l'intolleranza trovano terreno fertile nell'indifferenza e nella compiacenza silenziosa di chi non s'indigna, di chi non si mobilita, di chi non fa niente.
Mi son venute in mente le donne del mercato di Sarajevo o i bambini nei campi profughi di Jenin e di Jabalyia. Persone, luoghi e drammi vicini a noi, sia geograficamente sia temporalmente, che ancora oggi si portano addosso dolori che credo neanche loro conoscono fino in fondo.
E allora il punto non è solo custodire la memoria.
Il punto è non chiudere gli occhi.
                  

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