8 gennaio 2013

Si scrive Lombardia, si legge Ohio

Secondo un sondaggio di Renato Mannheimer pubblicato l’altro ieri dal Corriere della Sera, la coalizione di centrosinistra è stimata intorno del 40%, col Pd tra il 32 e il 33 e il resto diviso tra Sel, Psi e Centro Democratico di Tabacci e Donadi (che in un paese normale sarebbero entrati nel Pd invece di fare l’ennesimo inutile micropartitino che poi si allea col Pd…vabbè).  
Pd primo partito, centrosinistra vincente, tutto bene madama la marchesa. E invece no, perché proprio da Madama (Palazzo) potrebbero arrivare brutte sorprese, come fa capire bene una tabella pubblicata ieri da Claudio Cerasa su Il Foglio. Il premio di maggioranza per il Senato, infatti, viene attribuito su base regionale. Ne vien fuori una roba tipo le elezioni americane, dove alcune regioni sono date per sicure e altre “in bilico” e dove, in soldoni, si capisce già oggi che la tenuta del prossimo governo sarà definita dalle scelte degli elettori veneti, siciliani ma soprattutto lombardi.
La regione che eleggerà il maggior numero di senatori è proprio la Lombardia, che ancora una volta si rivela strategica non solo dal punto di vista economico e sociale, ma anche politico. Vincere in Lombardia vorrebbe dire avere una discreta maggioranza al Senato e poter governare con relativa tranquillità. Perdere in Lombardia ci consegnerebbe un Prodi 2006-bis. Chiudete gli occhi e ripensateci un attimo. Ci siamo capiti no? 
Il grosso della partita si gioca in una regione dove il centrodestra è stato forte ma da dove, con l’elezione di Pisapia, è iniziata una stagione carica di speranza. La Lombardia come l’Ohio, Milano come Columbus. Sarà comunque difficile, difficilissimo, ma credo che non sia una mission impossible (come spiega questo interessantissimo “senatometro”).
A mio modo di vedere la differenza la possono fare i candidati territoriali che si son messi in gioco con le primarie, a patto che il partito faccia delle scelte sensate nella composizione delle liste (a questo proposito, è preoccupante il caso del segretario regionale Maurizio Martina che si potrebbe ritrovare capolista senza aver partecipato alle primarie).
Io la butto lì. C’è un ragazzo di Monza che in Brianza ha preso il oltre 66% dei voti, che sta lavorando da anni per un Pd più aperto e moderno, che prende voti ogni volta che si muove e che potrebbe rappresentare al meglio questa voglia di cambiamento. Si chiama Giuseppe Civati. Non ha l’età per essere candidato al Senato, ma se il partito lo mettesse capolista alla Camera, concordando insieme un nome lombardo autorevole e capace per il Senato, si potrebbe costruire un ticket molto interessante e, credo, elettoralmente vincente.    
Sarebbe una scelta che metterebbe da parte i giochi di partito rimettendo in primo piano non solo il Pd lombardo, ma soprattutto quell’idea di centrosinistra di cui parlavo prima.
La direzione nazionale decide oggi. Vediamo cosa ne viene fuori.  

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