LA ROSA DEI VENTI E IL NOME DELLA ROSA
Parte da un bel dibattito con Enrico Rossi a Torino e con un 
incontro in Valsusa il lavoro di indagine sui movimenti che attraversano
 la politica italiana, indagine che avevamo annunciato ad Albinea e che 
abbiamo deciso di chiamare 
La rosa dei venti: un'indagine, 
una mappa e un vero e proprio confronto con chi si muove nel nostro 
Paese per muoverci, a nostra volta, in modo più consapevole, critico e 
partecipato.
Ne avevamo scritto nel 
Libretto arancione:
 Il vento non è generico. Il vento soffia in una direzione 
precisa. Quella del cambiamento. Il vento è una forza della natura, e 
come tale va rispettato. Ascoltato. Imbrigliato, se possibile: per 
prendere il largo, e per non farsi travolgere.
Si deve partire in ricognizione, guidati da una rosa dei venti che è 
anche una mappa dei movimenti che stanno attraversando il Paese, per 
analizzare le proposte e cercare di dare ad esse compiuta rappresentanza
 nel programma di governo del centrosinistra.
Il vento può diventare bufera, se la politica continuerà a 
sottovalutare l’indignazione che lo accompagna, o soffiare invano, se 
non si predisporranno quei mulini a vento necessari per raccogliere 
tutta questa energia rinnovabile.
Il vento, poi, può soffiare nel Pd, storicamente attraversato da 
correnti che lasciano dietro di sé un’aria viziata e scie politiche non 
sempre salutari. E il modo migliore per catturarlo nelle sue vele è di 
aprirsi alla bella stagione che soffia alle porte, quella della 
partecipazione, con il ricorso alle primarie per scegliere i 
parlamentari e la consultazione più ampia possibile degli elettori su 
tutte le questioni politiche.
Il vento, ancora, sposta le cose, e noi proveremo a spostare le tasse
 dal lavoro alle rendite, con soluzioni puntuali e analitiche. Rendendo 
gli immobili più mobili e premiando questi ultimi, per anni troppo 
trascurati e penalizzati dalle politiche di governo.
Il vento, infine, va riconosciuto: sia quando da Nord soffia 
una tramontana non leghista (o non più tale), sia quando da Sud lo 
scirocco può portare con sé qualcosa di buono, e non solo l’immagine 
decadente di un Mezzogiorno che non ha speranza.

Eccoci qui, allora. A Condove. La Valsusa è terra di eresie. Di 
scontri che nascondono le ragioni. Di cose che non ci hanno raccontato. 
Di mediazioni che ci sono state, ma solo per un po', per poi franare. Di
 progetti comprensibili e seri, come il 
Fare, che la politica ha messo da parte, anzi, proprio omesso e che certamente potrebbe cambiare le cose.
Troneggia la Sacra di San Michele, lassù in cima. E viene in mente 
Il nome della rosa, guarda un po', a noi che siamo alle prese con la rosa dei venti. Che non c'entra, ma c'entra, con tutta questa storia.
La storia è talmente lunga, che si fa fatica a tenerla tutta a mente.
 La valle degli eretici è costata molto cara a Mercedes Bresso, che si 
lanciò in uno spericolato comitato 
Sì Tav, in piena campagna elettorale. E perse di pochissimo. Un pugno di voti. Un borgo nella valle maledetta.
A qualcuno viene in mente la Bell'Alda, che si lanciò dalla Torre, 
per scappare dai nemici che volevano usarle violenza, e si salvò. Grazie
 alla Vergine e a San Michele. Solo che poi, ci riprovò, per vanità o 
forse soltanto per verificare se il suo era un potere che si poteva 
rinnovare. Ma il 'mandato' non fu rinnovato, e la Bell'Alda, al secondo 
tentativo, precipitò.
Qui è storia di comitati e di cittadini, di picchetti, di proteste, 
di forzature e di violenza. Ma è anche storia di amministratori seri, 
esperti, che spiegano le cose e che si interrogano quotidianamente. Si 
chiedono come debbano essere costruiti i rapporti tra la politica 
nazionale e quella locale, e si chiedono se ci sia un ordine delle 
priorità, una valutazione seria dei costi e delle opportunità, qualcosa 
che possano spiegare ai loro concittadini.
La valle schiaccia questi fronti, li comprime, e in mezzo ci sono 
proprio i municipi dei piccoli Comuni, che hanno avuto, recentemente, 
altri motivi per lamentarsi e per recriminare.
Sarebbe il caso che la politica nazionale, attraverso i suoi 
rappresentanti più autorevoli, li volesse incontrare di nuovo. Dopo 
tanto tempo. E volesse starli ad ascoltare. Perché qui non è un 
dibattito tra innovazione e conservatorismo, come troppo spesso ci è 
stato rappresentato. E non ci sono solo le folle in rivolta, ma domande 
da evadere. E c'è un'idea di Europa da articolare nella sua complessità,
 perché quel tunnel è comunque troppo stretto per farcela passare.
Come ha scritto 
una volta, Jacopo Suppo, che ci ha invitati ieri a Condove:
In oltre vent’anni i protagonisti della storia dell’alta 
velocità/capacità sono stati molti. L’unica assente ingiustificata è 
stata la politica, che non ha saputo dare risposte alle domande 
legittime di un territorio che ha sempre soltanto chiesto di “contare” 
all’interno di un percorso che lo vede protagonista. Questa ostinata 
volontà di non volersi confrontare ha portato a una contrapposizione 
radicale tra il fronte del SI e quello del NO e ha caricato di 
significati un problema che, prima ancora che politico, è tecnico. A 
oggi, dopo vent’anni di discussioni, proclami, commissioni e scontri, in
 valle non è ancora stata posata una traversina, a dimostrazione che la 
'strategicità' di questa nuova linea ferroviaria, sbandierata da più 
parti, è un teorema ancora tutto da dimostrare.
Da dimostrare c'è parecchio, in Valsusa. E in gioco, prima ancora dei
 rapporti tra partiti e movimenti, tra politica e società civile, c'è la
 possibilità di ricostruire le relazioni interne alla politica stessa, 
perché i protagonisti di questa storia hanno perso vent'anni. E le 
parole per raccontarne la trama. Metterle in fila, perché siano 
comprese, potrebbe essere di straordinaria utilità.
Perché è proprio un problema di collegamenti. Risolverlo è la prima 
grande opera da realizzare, intorno alla vecchia ferrovia. Nell'antica 
valle e nella prima capitale del Regno, così lontana, così vicina.
http://www.ciwati.it/2011/09/01/1322/