27 novembre 2010

Caro PiGi. Noi ci tiriamo su le maniche, tu però dacci una mano

Andiamo Oltre Valle di Susa
Circoli di Condove e Sant’Antonino

Caro segretario
Oggi siamo in piazza per dare anche il nostro contributo all’iniziativa “Porta per Porta”. Siamo elettori del PD ma constatiamo amaramente che, con una crisi economica dagli effetti devastanti e una crisi politica che vede il centrodestra decomporsi lentamente, il nostro partito non è ancora considerato dalla maggioranza degli italiani come una forza in grado di costituire una alternativa credibile per governare il paese.
La confusione su qualsiasi tema, da quelli etici a quelli economici, un distacco sempre crescente con la base del partito e con le esigenze dei cittadini e uno stucchevole verticismo autoreferenziale, spingono sempre più persone, molte delle quali da sempre vicine al centrosinistra, ad allontanarsi dal Pd e dalla politica.
Segretario, quello che ti chiediamo è di ascoltare di più i tuoi iscritti e i tuoi elettori e meno i capi corrente. Di parlare di più di scuola, lavoro, salute e futuro e meno di improbabili alleanze centriste, governi tecnici o accordi sottobanco. Vorremo che il nostro inizi veramente ad essere un Partito (che sta dalla parte dei più deboli e dei più svantaggiati) Democratico (che rispetti e ascolti le voci di tutti).
Solo così possiamo incominciare a preparare giorni migliori per l’Italia.

Condove e S.Antonino, 27 novembre 2010

9 novembre 2010

La carta di Firenze. La Prossima Italia


Noi.

Noi che abbiamo imparato a conoscere la politica con tangentopoli e il debito pubblico e che oggi troviamo la classe dirigente del Paese occupata a discutere di bunga bunga e società offshore.Noi che nonostante quello che abbiamo visto, fin da bambini, crediamo nel bene comune, nella cosa pubblica, nell'impegno civile.

Noi che ci siamo riuniti a Firenze per ritrovare le parole della speranza. Noi che abbiamo voglia di incrociare i nostri sogni e non solo i nostri mouse. Noi che crediamo che questo tempo sia un tempo prezioso, bellissimo, difficile, inquietante, ma sia soprattutto il nostro tempo, l'unica occasione per provare a cambiare la realtà. Noi.

Noi vogliamo gridare all'Italia di questi giorni meschini, alla politica di questi cuori tristi, al degrado di una solitudine autoreferenziale, che si può credere in un'Italia più bella.

Sì, noi crediamo nella bellezza, che forse non salverà il mondo, ma può dare un senso al nostro impegno. La bellezza dei nostri paesaggi, delle nostre opere d'arte, delle nostre ricchezze culturali, certo. Ma soprattutto la bellezza delle relazioni personali, la bellezza di andare incontro all'altro privilegiando la curiosità sulla paura, la bellezza di uno stile di vita onesto e trasparente.

Da Firenze, patria di bellezza, ci mettiamo in gioco.Senza pretendere posti, senza rivendicare spazi, senza invocare protezioni. Senza chiedere ad altri ciò che dobbiamo prenderci da soli.Ci mettiamo in gioco perché pensiamo giusto che l'Italia recuperi il proprio ruolo nel mondo. Ci mettiamo in gioco perché non vogliamo sprecare il nostro tempo.Ci mettiamo in gioco perché abbiamo sogni concreti da condividere.

Ci accomuna il bisogno di cambiare questo Paese, un Paese con metà Parlamento, a metà prezzo, un Paese dalla parte dei promettenti e non dei conoscenti. Che permetta le unioni civili, come nei Paesi civili; che preferisca la banda larga al ponte sullo Stretto; che dica no al consumo di suolo, e sì al diritto di suolo e di cittadinanza. Un Paese in cui si possa scaricare tutto, scaricare tutti; che renda il lavoro meno incerto, e il sussidio più certo.  Che passi dall'immobile al mobile, contro le rendite, e che riduca il debito pubblico, la nostra pesante eredità.

Vogliamo rispondere al cinismo con il civismo. Alla divisione con una visione. Alla polemica con la politica. E vogliamo farlo con la leggerezza di chi sa che il mondo non gira intorno al proprio ombelico e con la serietà di chi è capace anche di sorridere, non solo di lamentarsi.

Da Firenze, laboratorio di curiosità, vogliamo provare a declinare il coraggio contro la paura, condividendo un percorso di parole e di emozioni, di progetti e di sentimenti perché la prossima fermata sia davvero l'Italia. Un’Italia che oggi riparte dalla Stazione Leopolda, la Prossima Italia.

7 novembre 2010

Prossima Fermata: Italia. kNOw TAV -

Firenze, stazione Leopolda
5-6-7 novembre 2011

Buongiorno a tutti. Mi chiamo Jacopo ho 28 anni e sono il coordinatore di un piccolo circolo della Valle di Susa. Sono un coordinatore un pò discolo, perchè oggi dovrei essere a Roma da Bersani. Ma visto che vi voglio parlare di un problema che riguarda la mia valle, so che per essere ascoltato è stato meglio venire qui a Firenze.

Da circa vent’anni la Valle di Susa si confronta con la questione della costruzione della linea Tav Torino-Lione.

In questi anni gli amministratori e la stragrande maggioranza della popolazione valsusina hanno cercato di far sentire la loro voce in tutti i luoghi in cui la realizzazione di quest’opera veniva discussa. Fino a dicembre 2005 però, la Valle di Susa è rimasta inascoltata. Ci sono voluti gli scontri di Venaus per far si che si accendessero i riflettori su un problema che non è locale ma riguarda tutto il paese.
Gli scontri dell’inverno 2005, in tutta la loro drammaticità, hanno avuto un risultato positivo. Hanno cioè costretto l’allora governo Berlusconi a costituire un Osservatorio Tecnico in cui anche gli amministratori e i tecnici della Valsusa hanno avuto voce.

Dopo oltre cinque anni di lavoro, i risultati dell’Osservatorio sono stati raccolti in quattro quaderni, pubblicati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Questi risultati dicono che investire 25 miliardi di soldi pubblici in un’opera che sarebbe pronta tra 30 anni è una follia. Non solo non sussistono le necessità economiche (dopo la crisi di questi ultimi anni bisogna in primo luogo tornare a produrle le merci, prima ancora di pensare a spostarle) ma non sussistono neanche le necessità tecniche perché la linea che attualmente attraversa la valle risulta essere sottoutilizzata (6 mil/ton annue contro le 15 che potrebbe sopportare). Le cause di questo sottoutilizzo non vanno ricercate sulla linea che attraversa la valle, bensì in quello che viene definito “il nodo di Torino”. Nodo che, per l’assenza di tracce libere, impedisce non solo il potenziamento del traffico merci, ma anche lo sviluppo di un servizio di trasporto pubblico locale dignitoso.

Di fronte a questi dati, gli amministratori della valle hanno proposto una serie d’interventi graduali sulla linea attuale, volti a migliorare il trasporto sia delle merci, sia dei pendolari, partendo dalle oggettive problematiche che interessano la linea.
Queste proposte, che si fondavano sul concetto “facciamo quello che serve”, e che avevano trovato un certo consenso anche nell’Osservatorio, avrebbero consentito al nostro paese di ottimizzare le sue risorse economiche e di varare un metodo innovativo ed efficace per realizzare le opere pubbliche.
Questo metodo di lavoro però, non è mai stato preso seriamente in considerazione.

In questi anni i protagonisti di questa storia sono stati tanti. Ne è però sempre mancato uno. La buona politica. Troppe volte gli interessi politici ed economici hanno avuto la meglio sul buonsenso e sugli interessi dei cittadini. Troppe volte le legittime preoccupazioni della popolazione locale non sono state ascoltate. Troppe volte il problema della Tav è stato affrontato in modo superficiale.
Questo approccio ideologico ha incancrenito le posizioni e, piano piano, il merito della questione è stato messo in disparte, privilegiando gli slogan o le sterili dichiarazioni d’intenti.
Oggi in valle la tensione si taglia con il coltello. A gennaio è prevista una nuova fase di cantierizzazione e si percepisce un nervosismo sempre crescente. Come nel 2005, gli scontri sono dietro l’angolo e sembra che nessuno se ne preoccupi. Rischiamo di vivere una nuova Terzigno, ma non vedo da parte della politica la volontà di evitarla.

E per questo mi rivolgo al mio partito.
Come tutti voi, credo che il Pd (non questo Pd, il Pd) sia l’unica speranza per questo paese. L’unico in grado di governarlo e di farlo uscire dal baratro in cui la destra l’ha fatto piombare.
Credo però che il mio Pd si debba interrogare sull’utilità di un progetto vecchio di 20 anni, che non rispecchia più le esigenze trasportistiche ed economiche del nostro paese. Siamo proprio sicuri che il rapporto costi-benefici relativo al collegamento tra la rete Tav francese e quella italiana, sia migliore realizzando una nuova linea impattante e costosissima invece di modernizzazione quella attuale? Credo che il Pd debba uscire dalla querelle SiTav-NoTav, iniziando a parlare di quali infrastrutture servono a rendere il nostro paese moderno, efficiente, competitivo. Un paese europeo insomma. Vorrei che il Pd, quando parla di grandi opere, parlasse anche di un uso oculato del denaro pubblico, di che impatto queste opere possono avere sul territorio, di mobilità sostenibile, di opportunità lavorative, di percorsi decisionali democratici e di processi virtuosi di rappresentanza dei territori.
Vorrei che il Pd costruisse la sua idea di sviluppo sulla qualità della produzione e non solo sulla sua quantità, sull’innovazione tecnologica e non sulla diminuzione dei salari, sulla tutela dell’ambiente e non sulla sua devastazione, sullo sviluppo delle conoscenze e dei saperi e non sulla loro mortificazione.

Seneca diceva che non esiste vento buono per il marinaio che non sa dove andare. E allora forse il problema del Pd non è la tempesta in cui si è perso, ma la rotta che non ha ancora trovato.
E allora spieghiamo le vele e prepariamo le bussole.
La rotta, al Pd, incominciamo a darla noi.

http://www.youtube.com/watch?v=F9L3siWYIfc