Nella direzione nazionale di lunedì, Matteo Renzi ha parlato per la
prima volta di una prospettiva politica che già da qualche giorno aveva
trovato spazio nei media. Semplificando, un ipotetico Partito della
Nazione (che è una definizione che trovo orribile).
Un soggetto largo ma definito ("da Romano a Migliore" ha detto
Renzi), un partito per uscire definitivamente da questa lunga agonia
della seconda Repubblica e aprire una fase nuova, i cui contorni e le
cui prospettive sono ancora incerte, più per il contesto economico e
internazionale che non per volontà del premier.
Ieri sera poi ho
sentito Migliore dire che lui e i deputati che insieme a lui qualche
mese fa hanno lasciato Sel, oggi si iscriveranno al gruppo del Pd, per "partecipare fino in fondo al cambiamento messo in moto dal Pd di Matteo Renzi,
“forza nella quale si possono esprimere i valori e anche i contenuti di
una sinistra autenticamente di governo, che è quello che vogliamo fare
noi”.
Ora, io non so come andrà a finire questa storia. So
però come è iniziata. Banalmente, perchè l'ho vissuta praticamente
dall'inizio.
Sentendo le parole di Migliore e leggendo le aperture di
Romano, mi è tornata in mente un'iniziativa del 2009 che in pochi seguirono ma che, oggi, si
rivela per quello che fu. Il primo vagito del nuvo Pd. Del vero, Pd. Si
trovarono a Piombino, Romano, Serracchiani, Scalfarotto, Concia, Sofri, Civati e altri
ancora. Si discusse tantissimo, di politica, di politiche, di strategie.
Si parlò anche di un tema troppo spesso evaso nella storia recente
della sinistra: la leadership. Romano stesso scrisse un pezzo stupendo (me lo
ricordo ancora oggi) intitolato "Ho visto il futuro leader del Pd" dove
raccontò quei tre giorni e le speranze che aveva intravisto. Il
futuro/attuale leader del Pd c'era a Piombino. Arrivò dopo e andò via
prima, ma faceva parte anche lui di quella nascente classe politica che
sognava un Pd aperto, largo, liberal all'americana, attento ai diritti
civili e determinato a metter mano ad un mondo del lavoro imballato.
Quel gruppo in questi
cinque anni ha fatto molte cose.
E nel mio piccolo mi onoro di aver dato
il mio contributo e il mio sostegno.
Ha lavorato sui territori, ha
creato reti, ha mobilitato giovani su campagne specifiche: dalla banda
larga alla cittadinanza per i bambini nati in Italia da genitori
stranieri. Dalle primarie per i parlamentari all'istituzione dei
matrimoni anche per gli omosessuali. Dal testamento biologico al
contratto unico.
Avevamo un limite. Enorme. Non avevamo un leader.
Avevamo
una nave, una rotta, un buon equipaggio ma non un comandante.
Avevamo anche un buon vento, magari senza saperlo, ma non avevamo chi
sapeva coglierlo.
Ci provammo con Ivan (Scalfarotto) alle europee del 2009 e con Marino al congresso dello stesso anno. Male in entrambi i casi.
Poi
capitò la Leopolda. La prima. E l'ancora del cambiamento fu levata
definitivamente. E la nave del Pd, lentamente, iniziò a prendere il
largo.
Quello che è successo dopo è sotto gli occhi di tutti. Così
come quello che sta succedendo adesso. Renzi ha monopolizzato la scena
politica, diventando punto di riferimento a 360°, per chi lo sostiene ma anche per chi lo osteggia.
Quello che però sta accadendo, al di là dei nomi dei protagonsti e delle sigle dei gruppi che rappresentano, segna un ulteriore passo in avanti.
Se
si ha l'onestà intellettuale di scindere i fatti dai processi politici,
a me sembra chiaro che quello che si sta mettendo in moto è proprio
quel processo immaginato a Piombino, che aggrega le persone di una nuova
generazione politica mandando in soffitta 20 anni di Berlusconi contro
il resto del mondo, realizza (finalmente) il partito dell'Ulivo e non
più un'accozzaglia di micro partiti e di micro leader pronti a farsi le
scarpe, avvicina il Pd al Labour party inglese o al Partito Democratico
americano, tenendo insieme anime diverse con una sensibilità comune.
Quella dell'innovazione, dell'allargamento dei diritti,
dell'ammodernamento della società.
Ora, è innegabile che non ci sia ancora nulla di certo e di definito, ma solo ammiccamenti e posizionamenti. E' altrettanto innegabile che stiamo
arrivando a questa situazione per "annessione" e non per "convinzione",
com'era auspicabile. E questo non credo sia un fattore positivo. Temo ci
sia molta tattica in tutta questa operazione, ulteriore indizio che mi porta a credere che le
elezioni politiche si stiano avvicinando a passi da gigante.
Credo inoltre che questo nuovo "ipotetico" Pd dovrà fare i conti con
quello che il governo riuscirà a produrre in questi mesi (i fatti di cui
sopra...), e ad oggi mi sembra che non siamo proprio messi benissimo.
Tanti slogan, tanta chiacchiera, misure che non han sortito l'effetto
desiderato, troppe incertezze sul tema dei diritti, un riforma del
mercato del lavoro che è ancora una pagina bianca su cui il governo ha
chiesto la fiducia.
Questi fatti pesano, e peseranno. Ma sul lungo
periodo il processo politico che si sta concretizzando è destinato a
cambiare, e di parecchio, lo scenario politico e credo anche il nostro
Paese. Ed è quasi paradossale che Renzi, che probabilmente è quello che
in questa cosa ci ha creduto di meno, ora sia il protagonista assoluto,
mentre uno come il mio amico Civati, che ha dato tutto per questa prospettiva, si
trova ora in difficoltà. Intendiamoci, fa bene Pippo a mettere i puntini sulle "i" sulle misure che spesso frettolosamente il governo manda in aula, ma è innegabile che il clima da "gufi", "professoroni", "ce ne faremo una ragione" di sicuro non aiuta.
Vedremo cosa capiterà in queste settimane, possibilmente partecipando attivamente a tutti questi cambiamenti.
Perchè starne fuori sarebbe una stupidaggine imperdonabile.
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