Qualche giorno fa ho letto questa bellissima intervista ad Emma Bonino, che ci racconta un mondo, quello musulmano, a noi praticamente sconosciuto anche se vicinissimo. Ci racconta delle sue diversità, delle divisioni, delle difficoltà che attraversa un mondo che noi immaginiamo tutto uguale e che invece, come tutti i mondi, ha le sue dinamiche e le sue tante complessità.
Ieri poi, seguendo i fatti di Parigi, mi è capitato sott'occhio questo pezzo su ilPost.it su Charlie Hebdo: "Il New York Times, in un articolo pubblicato nel 2011, lo aveva definito «adorato da molti, insultato da alcuni, ritenuto offensivo praticamente da tutti». BBC ha spiegato che Charlie Hebdo
è l’ultima delle riviste di una tradizione «che unisce la militanza di
estrema sinistra a una scurrilità provocatoria che spesso sconfina
nell’oscenità»".
Posso dire? Sono d'accordo con loro.
Non credo di essere la persona più religiosa del mondo, ma mi rendo conto che è un argomento intimo, profondo, sentito. Per milioni di persone nel mondo è un tratto identitario. Pensare di potersi permettere qualsiasi cosa, anche l'insulto, in nome della plularità di vedute lo trovo non solo stupido, ma pericoloso.
Lo vedo ogni giorno sui social media, dove nel nome del "dico quello che voglio", è sempre più raro trovare ragionamenti degni di questo nome. Al contrario, abbondano valanghe di insulti verbali, immagini vergognose e ogni tanto anche minacce. Il diritto di espressione non c'entra nulla, c'entra il fatto che mi hanno
insegnato che la mia libertà finisce dove inizia quella di qualcun
altro. A prescindere.
Oggi
però, di fronte a quello che è successo, l'unica domanda che uno si
deve fare è in che mondo vuol vivere. Se in un mondo dove anche la
libertà può sconfinare nella cretineria, o in un mondo dove chi non la
pensa come te rischia la vita.
Io non ho dubbi, scelgo il primo. Preferisco ancora le matite ai fucili.
Quei pazzi si meritano il peggio che la legge francese (la legge! Non la piazza o la pancia) prevede. Devono pagare non solo per aver ucciso, ma anche per aver reso il nostro mondo un posto meno sicuro e più intollerante in cui vivere. Perchè il problema che ci troveremo ad affrontare è questo qui. I colpi di fucile di ieri non solo hanno ucciso 12 persone, ma rischiano di mandare in soffitta i ragionamenti fatti da Bonino e il lavoro di centinaia di migliaia di persone in tutta Europa per costruire una nuova idea di comunità multietnica. Rischiano di minare ulteriormente un continente in profonda crisi non solo economica, ma anche sociale, culturale e identitaria.
Basta farsi un giro sulla rete per leggere commenti tipo "bruciamoli tutti, bombardiamoli, musulmani terroristi", ecc, ecc. Per esempio oggi Libero titola in prima pagina "Questo è l'Islam!". Così, per ricordarci che la carta si può sprecare in tanti modi. A rendere evidente la stupidità di questa semplificazione è la notizia che uno dei due poliziotti trucidati si chiamava Ahmed.
Ecco, se pensassimo che quei criminali siano lo specchio fedele di tutto un mondo, faremo loro un grandissimo regalo. Se passasse questa linea avrebbero vinto i cattivi, quelli col fucile. Ci ricorderemo dei loro volti e dei loro nomi, non di quelli che "imbracciavano" una matita.
Ora, in mezzo a tutto questo pessimismo, mi rincuorano le parole di Giovani Musulmani d'Italia, che in un comunicato scrivono cose sagge: "Come Giovani Musulmani d'Italia condanniamo fermamente ogni azione di
violenza verso civili e persone inermi, in quanto espressione di
inciviltà e degrado. Dio ha degnato l'essere umano con la parola ed
il pensiero, e sono questi i migliori strumenti per discutere e reagire a
qualsiasi avvenimento. I principi Islamici contengono i migliori
insegnamenti di rispetto verso l'altrui integrità e soprattutto verso la
vita: un dono che noi umani non diamo ne togliamo ai nostri simili. Gli attentati svolti a nome della religione sono da ritenere azioni individuali, lontane dall'etica pacifica di ogni Religione".
Paradossalmente, abbiamo di fronte a noi una grande opportunità. Dimostrare che l'Europa è ancora (e per davvero) il luogo migliore dove coltivare il proprio futuro. Un luogo libero, aperto, accogliente. Che non si fa spaventare da dei criminali ma che si fa forza dei principi solidissimi su cui ha costruito il suo successo in questi ultimi settant'anni, rivendicandoli e rilanciandoli. Un posto dove la paura dopo un po' passa, lasciando spazio alla speranza.
Chiudo consigliandovi questo pezzo
del 2010, con le parole dell'ex sindaco di New York, difendendo la sua
scelta di costruire una moschea nella zona in ricostruzione del World
Trade Center.
"Tradiremmo i nostri valori – consegnandoci nelle mani dei nostri nemici –
se trattassimo i musulmani diversamente da chiunque altro. Rifugiarci
nei nostri umori più grezzi sarebbe dare una vittoria ai terroristi, e
non dovremmo permettercelo".
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