E' un mondo che non mi appartiene, che conosco poco e che, a mio avviso, in questi anni di crisi e di grandi trasformazioni, si è adoperato soprattutto per difendere i diritti di chi i diritti li ha, invece di provare a portare questi stessi diritti ai tanti, tantissimi lavoratori (quasi tutti della mia generazione) che sono in balia delle regole del mercato, senza tutele, senza rappresentanza, addirittura senza la coscienza di far parte di una stessa classe sociale.
Queste cose le ho anche dette in varie occasioni e in vari incontri, facendo storcere il naso ai più anziani e, mediamente, riscuotendo poco consenso. Qualsiasi critica nei confronti del sindacato viene letta come un attacco ai lavoratori (come se io non lo fossi, per dire...) e a una storia gloriosa.
Per questo mi fanno molto piacere le parole di Maurizio Landini, con cui raramente mi trovo d'accordo ma che questa volta centra il punto.
Se vogliamo uscire dalla crisi bisogna tornare a lavorare tutti. Per fare questo ognuno deve fare la sua parte, soprattutto il sindacato che in questi anni non ha fatto quasi nulla. Serve una ritrovata cultura del lavoro ma soprattutto un nuovo modo di concepire il lavoro e la produzione.
Perchè mentre noi stiamo, a mio avviso giustamente, cercando di salvare il salvabile di un sistema industriale italiano abbandondato a sè stesso, non possiamo non guardare a cosa capita nel mondo (segnalo questo bel pezzo su IlPost) dove sta cambiando il modo di produrre.
C'è poi tutta una parte legislativa sulla quale io e Landini non credo saremo d'accordo (vedi contratto unico), però ripartiamo dai fondamentali. Sarebbe già un bel passo in avanti.
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