Quella di Utoya è una storia che mi ha colpito molto e che mi porto dentro. È una questione personale. Mentre quei ragazzi morivano, anche io stavo partecipando ad un “campeggio politico”. Ero ad Albinea, con tanti altri amici, a parlar di un futuro che sembra non arrivare mai. Quando la notizia della strage ci raggiunse, restammo tutti ammutoliti. Dei ragazzi più giovani di noi erano morti in una situazione simile a quella che stavamo vivendo. Sognavano un posto migliore dove vivere, crescere, studiare, lavorare. L’unica loro colpa: impegnarsi per realizzare i loro sogni.
“Al male risponderemo con più democrazia”, disse in quei giorni il Primo Ministro norvegese
J. Stoltenberg, lasciando il mondo a bocca aperta ma insegnando a tutti una magnifica lezione: snaturarsi e rinunciare a sé stessi di fronte alle difficoltà è la più grande delle sconfitte.
Anche quest’anno pianteremo le tende ad Albinea, e lo faremo anche un po’ per quei ragazzi che sono rimasti a Utoya. Perché le “cose cambiano” (come dice il titolo del nostro incontro), ma i nostri sogni e la passione per realizzarli no.
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