18 settembre 2013

Il pensiero debole

Questo sabato si riunisce l'assemblea nazionale del Pd, che dovrà stabilire tempi e modi del prossimo congresso, che spero venga convocato il prima possibile.
Non credo che le regole cambieranno più di tanto (e meno male...), anche se il motivo di questa decisione non sembra essere quello, sacrosanto, che le regole non si cambiano prima di una competizone, ma semplicemente perchè in tanti sosterranno Matteo Renzi e quindi bene le primarie aperte, osteggiate fino a poche settimane fa.
Ecco, il limite più grande del mio partito mi sembra proprio questo.
Un pensiero debole che guarda solo a quello che capita oggi o se va bene, a domani mattina.
E quindi, dopo un sei mesi in cui non si poteva dire nulla perchè "se no cade il governo", siamo passati con un giro di valzer a mettere da parte la discussione sui problemi del nostro Paese "perchè tanto vince Renzi" e poi ci pensa lui.
L'importante ora è stare il più vicino possibile al Matteo nazionale, quello che fino a gennaio era una sorta di bestia di Satana da massacrare, cosa che si porta dietro tutta una serie di riflessioni che avevo già scritto qui
In questi giorni di festa provinciale e di grandi discussioni con amici e iscritti, la cosa che più mi ha lasciato perplesso è stato proprio questo ragionamento. Personalmente non posso credere che questi mesi così difficili, punta di un iceberg che agita i mari del Pd da almeno tre anni, vengano dimenticati "perchè tanto vince Renzi". Non voglio credere che la discussione, più libera che in passato, nata intorno ai temi del lavoro, dell'integrazione, dei diritti e del senso stesso della politica in questi tempi così strani (cos'è la partecipazione, come si organizza oggi, che ruolo può avere la sinistra in tutto ciò) venga messa in freezer "perchè tanto vince Renzi". Capisco lo smarrimento e la voglia di voltare pagina, ma il momento giusto per questo cambiamento è capitato mesi fa, quando dovevamo scegliere il candidato premier e andò come sappiamo. Sostenere Renzi perchè-poi-si-va-a-votare-e-poi-si-vince è una bel mantra che racchiude in sè tutta una serie di eventi che non è detto che si verifichino uno in fila all'altro così, come se nulla fosse. A fare i conti senza l'oste siamo dei fenomeni, e anche oggi vedo il rischio che si diano per scontate troppe cose che scontate non lo sono per niente.     
Oggi dobbiamo decidere chi farà il segretario, che è una cosa un po' diversa dal fare il premier. Serve una persona che rimetta al centro la partecipazione, la discussione, il senso di comunità e che sia un "fattore scatenante" tra i militanti. Che sia in grado di mettere in moto energie indipendentemente dalla sua persona e dal fatto che si vada a votare domani o tra tre anni.
L'esperienza del governo Letta dimostra proprio questo. Il problema non è il governo, che si barcamena e tira a campare, il problema è che il Pd non ha un linea e si fa tirare un po' a destra (sempre più spesso) e un po' a sinistra (raramente).
In questo Paese abbiamo bisogno di luoghi dove fare politica, dove incontrarsi e riconoscersi, dove discutere, imparare e fare rete. Luoghi che magari esistono pure, ma sono sempre di meno e sempre meno frequentati.
Lasciamo da parte i conti che non tornano mai. Non anteponiamo il consenso (che oggi c'è e domani chissà) alla politica se vogliamo evitare altri 25 febbraio.

        









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