Una partita che mancava da tre anni e mezzo e che l’ultima volta fu risolta nei minuti finali da un’inzuccata di Giorgione Chiellini. Non una grande partita, come gran parte di quelle che si sono giocate negli ultimi anni.
Il su e giù del Toro dalla A alla B e il post Calciopoli della Juve hanno negato ai tifosi di Torino, e a tutto il calcio italiano, una sfida sentitissima, che come tutti i derby andava oltre i confini del calcio.
La squadra del padrone ricca, vincente e “influente”, infarcita di giocatori coi piedi di fata contro l’undici operaio tutto corsa e muscoli. Quelli favoriti, sempre e comunque, contro quelli che hanno il mondo (e anche il destino) contro. La Juventus, prima squadra di calcio della città, contro il Torino, fondata da “dissidenti” juventini, scontenti di come veniva gestita la società all’inizio del ‘900.
Stasera più che due squadre si incontrano due modi di intendere il calcio e la vita, ma soprattutto tantissime storie personali e ricordi belli o brutti. Dalle vittorie granata all’epoca del Grande Torino ai calcioni rifilati a Sivori negli anni ’60. Dalle sfide scudetto degli anni ’70, con Anastasi e Bettega da una parte e Pulici e Graziani dall’altra, fino al Toro-Juve in sordina di inizio anni ’90.
E poi i “miei derby”. La doppietta di Conte nel 1993 e quella di Rizzitelli nel 1995 (ultima vittoria torinista), l’errore di Salas nel 3-3 da brividi del 2001, le corna di Maresca al primo gol in serie A nel 2002, il tacco volante di Del Piero nel 2003, le botte Bonomi-Davids, il gol di Trezeguet col piede in fuorigioco nel 2007.
Quando ero un piccolo ultras anche io, e per me il derby si vedeva solo allo stadio, mi divertiva un sacco questa scena. Se segnavamo noi, urla, grida, un bordello infinito e poi tutti a mandare sms ai nostri amici granata. Se segnavano loro, il boato si sentiva lontano, mentre la nostra curva era un “bip-bip” unico, e tiravamo fuori il cellulare dalla tasca con la voglia di lanciarlo in campo.
Forse la cosa più bella sul derby l’ha detta Boniperti, descrivendo le sensazioni che aveva provato nel battere un rigore in Juve-Toro di oltre sessant’anni fa. “Riuscivo a vedere i tifosi del Toro negli occhi, credevo stessero per venirmi tutti addosso. Avevo paura di sbagliarlo. Ho tirato più forte che potevo e poi son corso via, un po’ per abbracciare i miei compagni, un po’ per paura che scendessero in campo sul serio”.
Stasera sarà ancora così.
Forse in un derby c’è sempre più paura di perdere che non voglia di vincere. Sicuramente, appena finito, c’è subito voglia di giocarne un altro.
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