L'altro giorno mi sono imbattuto in questo interessante (e anche lungo...) articolo di Linkiesta, dove viene raccontata la crisi vista da Stoccolma. O meglio, come ha fatto la Svezia a sfruttare questa situazione complicata per riformarsi, rilanciarsi e trasformare una sciagura in un'opportunità.
Una bella storia, che fa tornare d'attualità quella "terza via" blairiana che andava tanto di moda quindici anni fa ma che è stata travolta dalle bombe lanciate su Baghdad e da quel viziaccio di buttar via il bambino insieme all'acqua sporca.
Comunque, la Svezia ce la sta facendo e anche se è un paese profondamente diverso dall'Italia (industria più leggera, meno popolazione, più materie prime, deficit a 0, ecc, ecc), sarebbe il caso di osservarlo attentamente e provare a capire quello che sta succedendo lassù.
Perchè mentre a Stoccolma hanno iniziato a ragionare partendo dai problemi, qui ragioniamo partendo dalle singole posizioni preconcette, ovviamente infarcite di tabù.
Per semplificare (e allo stesso tempo incasinare) ulteriormente il dibattito, preferiamo dividere l'universo creato tra "cose di destra" e "cose di sinistra", stilando così un elenco facile da capire.
Chiedere che la pubblica amministrazione sia più efficiente è di destra.
Ragionare sull'articolo 18 pure.
Investire in green economy è di sinistra.
Dare la caccia a chi evade, chi ruba e chi corrompe anche.
Ridurre gli sprechi della politica invece è trasversale.
Talmente trasversale che poi alla fine nessuno lo fa.
Chiunque si dissocia da questo schema viene accusato di "tradimento", da una parte e dall'altra.
Non sono esempi a caso, sono alcune delle questioni che Il Sole 24 Ore oggi descrive come i grandi problemi del sistema produttivo italiano.
Problemi che se affrontati ci aiuterebbero ad uscire dalla crisi.
Risolverli non è questione di "destra" o di "sinistra", semplicemente ci garantirebbe un futuro.
Possibilmente migliore dal presente che stiamo vivendo.
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